L’archetipo del recinto e il tema del gioco dimostrano, nell'analisi tipologica degli edifici per lo sport e lo spettacolo, tutta la loro intima connessione. Alla fine degli anni Trenta del secolo scorso lo storico e linguista olandese Johan Huizinga coniò la definizione di homo ludens, individuando nel gioco un carattere peculiare dell’uomo in quanto animale, e definendo la cultura stessa, in senso lato, sub specie ludi. Come affermato da Huizinga, ogni gioco presuppone una condivisione di regole all’interno di un dato confine, più o meno labile e più o meno concretamente materico, che ne garantisce lo statuto e l’applicabilità. Nel definire una precisa distinzione gerarchica tra chi è al suo interno e chi è al suo esterno, l’atto del recingere può farsi risalire a questioni laicamente antropologiche e appartenenti a tutte le specie animali, come quelle di appropriazione di una porzione di territorio per insediare e proteggere la propria stanzialità, o di natura più prettamente attinente alla comunicazione non verbale. Questo confine determina anche una distinzione gerarchica tra chi è ammesso a prendere parte al gioco e chi invece ne resta escluso, assumendo eventualmente il ruolo di spettatore ed abitandone in modi più o meno strutturati i margini. La definizione di uno spazio fisico (astratto o virtuale) nel quale possono applicarsi nuove regole condivise è dunque la necessaria premessa ad ogni forma ludica: dalla recitazione al confronto intellettivo o fisico tra gli uomini, quest’ultimo inteso tanto come sport quanto come scontro armato vero e proprio.

Architetture per l’homo ludens. La traduzione dell’archetipo negli edifici per il gioco e per lo spettacolo / Balducci, Fabio. - (2021), pp. 355-365. - DIAP PRINT.

Architetture per l’homo ludens. La traduzione dell’archetipo negli edifici per il gioco e per lo spettacolo

Fabio Balducci
2021

Abstract

L’archetipo del recinto e il tema del gioco dimostrano, nell'analisi tipologica degli edifici per lo sport e lo spettacolo, tutta la loro intima connessione. Alla fine degli anni Trenta del secolo scorso lo storico e linguista olandese Johan Huizinga coniò la definizione di homo ludens, individuando nel gioco un carattere peculiare dell’uomo in quanto animale, e definendo la cultura stessa, in senso lato, sub specie ludi. Come affermato da Huizinga, ogni gioco presuppone una condivisione di regole all’interno di un dato confine, più o meno labile e più o meno concretamente materico, che ne garantisce lo statuto e l’applicabilità. Nel definire una precisa distinzione gerarchica tra chi è al suo interno e chi è al suo esterno, l’atto del recingere può farsi risalire a questioni laicamente antropologiche e appartenenti a tutte le specie animali, come quelle di appropriazione di una porzione di territorio per insediare e proteggere la propria stanzialità, o di natura più prettamente attinente alla comunicazione non verbale. Questo confine determina anche una distinzione gerarchica tra chi è ammesso a prendere parte al gioco e chi invece ne resta escluso, assumendo eventualmente il ruolo di spettatore ed abitandone in modi più o meno strutturati i margini. La definizione di uno spazio fisico (astratto o virtuale) nel quale possono applicarsi nuove regole condivise è dunque la necessaria premessa ad ogni forma ludica: dalla recitazione al confronto intellettivo o fisico tra gli uomini, quest’ultimo inteso tanto come sport quanto come scontro armato vero e proprio.
2021
Recinti
978-88-229-0646-5
architettura; gioco; recinto; architecture; play; enclosure
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Architetture per l’homo ludens. La traduzione dell’archetipo negli edifici per il gioco e per lo spettacolo / Balducci, Fabio. - (2021), pp. 355-365. - DIAP PRINT.
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